giovedì 15 settembre 2011

Ieri, mentre ero in metro, pensavo che la scuola è come uno di quei test fisici che ci faceva fare il nostro prof delle medie.

C'è un periodo dell'anno in cui, ogni anno, il professore di educazione fisica che ci capita ci fa fare dei test (quanti addominali in tot. tempo, tempo in cui riusciamo a correre da una parte all'altra della palestra, test di Cooper, test di equilibrio, test di resistenza, ecc.) e poi ci mette il voto in base ai risultati.
Uno dei test che facevamo alle medie consisteva nello stare appesi alla spalliera il più a lungo possibile, con la contrazione dei muscoli delle braccia (traduzione: non si poteva stare a penzoloni, ma bisognava tenere i gomiti piegati e, credetemi, è difficile). Il liceo è esattamente questo: se riesci a stare attaccato per cinque anni, sei libero. Se invece non ce la fai, se i muscoli ti fanno troppo male per restare appeso, cadi prima del tempo e sei fuori. Ogni anno, quando ti appendi, o sei più resistente e riesci a non lasciarti andare, o i muscoli e le mani ti fanno ancora male dall'ultima volta e cedi in fretta.
Volta dopo volta, se sei quello resistente vedi di fianco a te un mucchio di gente che molla la presa ed esce dalla palestra con le lacrime agli occhi e la testa bassa.
Il punto è che ogni volta che riprovi ad appenderti - e, appeso, ci devi stare un sacco di tempo -, rivedi sul palmo delle mani le vesciche che si sono formate l'anno prima, e un po' ti viene da piangere, perché sai che anche questa volta ti farai male come quella precedente, forse anche di più, ma non puoi far altro che stringere i denti e tirarti su, ché non c'è tempo per i ripensamenti e per piangersi addosso.
Durante l'estate si cerca di curarsi le mani. Si medicano, si fasciano, si lasciano a riposo. Senti i muscoli che tirano fino alla fine di giugno; poi, non si pensa ad altro che a divertirsi e lasciar correre.
A settembre, quando ricominci, pensi Ma sì, ormai mi ci son fatto il callo. Non sarà brutto. Quest'anno è quello diverso, me lo sento; succederà qualcosa.
E tra l'altro, quando io lo dico a G., lei mi guarda e mi fa Sì, S., lo dici tutti gli anni. E io le dico che è una pessimista e che nella vita non bisogna essere pessimisti e rovinare le speranze degli altri, ma lei non mi ascolta e ride.
Io però lo credo davvero, quello che dico.
Quindi niente. Alla fine, un po', il dolore dell'anno prima lo si dimentica. E' come quando partorisci - così dicono -: ti dimentichi quanto ti ha fatto male e, al parto successivo, non ti aspetti più tutto quello sfiancamento eccetera.
E ora mio fratello è qua a tirarmi le braccia perché vuole giocare con me alla Wii, a Super Mario Bros., e io, da brava sorella maggiore che sono, vado e l'accontento.
Il mio pc è andato - un'altra volta, due palle! - e userò il fisso stralento. Cercherò di scrivere, quando posso, le mie prime giornate di scuola e tutto il resto.
Poi sabato vado ad una festa strabella, e scriverò anche di quello.
Mio fratello m'assilla.

Cherry

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