C'è un periodo dell'anno in cui, ogni anno, il professore di educazione fisica che ci capita ci fa fare dei test (quanti addominali in tot. tempo, tempo in cui riusciamo a correre da una parte all'altra della palestra, test di Cooper, test di equilibrio, test di resistenza, ecc.) e poi ci mette il voto in base ai risultati.
Uno dei test che facevamo alle medie consisteva nello stare appesi alla spalliera il più a lungo possibile, con la contrazione dei muscoli delle braccia (traduzione: non si poteva stare a penzoloni, ma bisognava tenere i gomiti piegati e, credetemi, è difficile). Il liceo è esattamente questo: se riesci a stare attaccato per cinque anni, sei libero. Se invece non ce la fai, se i muscoli ti fanno troppo male per restare appeso, cadi prima del tempo e sei fuori. Ogni anno, quando ti appendi, o sei più resistente e riesci a non lasciarti andare, o i muscoli e le mani ti fanno ancora male dall'ultima volta e cedi in fretta.
Volta dopo volta, se sei quello resistente vedi di fianco a te un mucchio di gente che molla la presa ed esce dalla palestra con le lacrime agli occhi e la testa bassa.
Il punto è che ogni volta che riprovi ad appenderti - e, appeso, ci devi stare un sacco di tempo -, rivedi sul palmo delle mani le vesciche che si sono formate l'anno prima, e un po' ti viene da piangere, perché sai che anche questa volta ti farai male come quella precedente, forse anche di più, ma non puoi far altro che stringere i denti e tirarti su, ché non c'è tempo per i ripensamenti e per piangersi addosso.
Durante l'estate si cerca di curarsi le mani. Si medicano, si fasciano, si lasciano a riposo. Senti i muscoli che tirano fino alla fine di giugno; poi, non si pensa ad altro che a divertirsi e lasciar correre.
A settembre, quando ricominci, pensi Ma sì, ormai mi ci son fatto il callo. Non sarà brutto. Quest'anno è quello diverso, me lo sento; succederà qualcosa.
E tra l'altro, quando io lo dico a G., lei mi guarda e mi fa Sì, S., lo dici tutti gli anni. E io le dico che è una pessimista e che nella vita non bisogna essere pessimisti e rovinare le speranze degli altri, ma lei non mi ascolta e ride.
Io però lo credo davvero, quello che dico.
Quindi niente. Alla fine, un po', il dolore dell'anno prima lo si dimentica. E' come quando partorisci - così dicono -: ti dimentichi quanto ti ha fatto male e, al parto successivo, non ti aspetti più tutto quello sfiancamento eccetera.
E ora mio fratello è qua a tirarmi le braccia perché vuole giocare con me alla Wii, a Super Mario Bros., e io, da brava sorella maggiore che sono, vado e l'accontento.
Il mio pc è andato - un'altra volta, due palle! - e userò il fisso stralento. Cercherò di scrivere, quando posso, le mie prime giornate di scuola e tutto il resto.
Poi sabato vado ad una festa strabella, e scriverò anche di quello.
Mio fratello m'assilla.
Cherry
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