mercoledì 26 ottobre 2011

Stamattina mi sono alzata e ho fatto un cerchio rosso sul calendario

E, mentre lo facevo, ho pensato che ormai tengo un calendario solo per farci sopra i cerchi rossi.
Quindi, oggi sono cominciati i giorni rossi, la settimana ketchup, la marmellata di fragole, l'appuntamento mensile col destino, i sei giorni infernali, direttamente qui, per voi, in BlueRay.
Insomma, mi sono arrivate.
Lo so che gli esseri umani di sesso maschile che stanno leggendo faranno una smorfia di disgusto, come quelle che facciamo noi, da bambine, quando le nostre madri ci fanno il discorsetto su quei piccoli ovetti che renderanno metà della nostra vita un'enorme sofferenza, ci faranno figliare e ci distruggeranno psicologicamente quando decideranno di andarsene e noi saremo già coi capelli bianchi e in pensione.
E so anche benissimo che la cosa non interessa nessuno, okay, ma smettetela di imbarazzarvi e nascondervi sotto uno strato di pudore finché il post non sarà terminato e voi potrete cercare di cancellare la cosa dalla vostra vita e recuperare il vostro fragile equlibrio psicologico no, non è mai successo, nessuna persona squilibrata coi calendari pieni di cerchi rossi mi ha mai fatto un discorso del genere.
Come volete, miei cari. Però ecco, era una cosa da dire, dato che ha condizionato la mia giornata scolastica. In pratica, sono stata male (ma proprio male male), ero piegata in due e durante i cambi d'ora andavo ad abbracciare un malcapitato amico calorifero prima che potessi morire per il dolore (e dissanguata, per di più. Che bella roba). Quindi alla fine, dopo varie peripezie ed imprecazioni da parte della sottoscritta, il prof di matematica mi ha accompagnata ad un'infermeria non ancora agibile (fuck), e poi in vicepresidenza a chiamare mia madre. Ed è stato anche gentilissimo (il prof), cioè, mi parlava e mi chiedeva tutto a posto ed era premuroso come un padre. Insomma, in quel momento l'ho amato, perché mi ha portato alla salvezza eterna.
Ho aspettato in classe, con C., la mia compagna di banco, che mi accarezzava il braccio e la schiena e tutti i miei compagni - ragazzi compresi - che ormai sapevano che ho il ciclo, ma chissenefrega. Cioè, sono tutti abbastanza maturi da evitare battutine stupide, e la cosa comunque non mi tocca, mi lascia gelida, una statua di marmo col maldipancia - se n'è mai vista una? - e alla fine è una roba naturale.
Insomma, sì, ho aspettato per un'ora e mezza e la prof di francese anche lei è stata carinissima e mi ha detto stai tranquilla e se devi uscire esci anche senza chiedere, quindi mi sono rannicchiata sulla sedia e mi sono addormentata senza volerlo ma nessuno se n'è accorto, per fortuna. Poi durante l'intervallo ho provato a chiedere consiglio a una mia compagna di classe, che quando le arrivano praticamente partorisce tanto sta male, e mi ha fatto vedere alcune posizioni per alleviare il dolore, ma non sono servite granché e G. mi ha dato una pastiglietta gialla ("Prof, posso andare in bagno? Devo prendere questa". Indico la pastiglietta. "Perché?" "Mal di pancia." "Oh, come mai?" "Beh, sa, gli appuntamenti mensili delle donne..." Non mi lascia continuare. E' pallido. "Okay, okay, vai." Da morire dal ridere).
Poi tempo che arriva mia madre e la pastiglietta ha fatto effetto e non sto più male e mi dico cheppalle, le ho fatto fare la strada per niente e magari poi manco mi lascia andare agli allenamenti, ma alla fine m'ha detto che se sto bene mi lascerà.

Mi piace quando la mattina tutti dormono ed è buio dappertutto, fuori e dentro la casa, ma la luce della cucina è accesa e la mamma si prepara il caffé e io spalmo burro e marmellata di albicocche sul pane caldo o mangio i biscotti e parliamo, solo io e lei, come se al mondo fossimo solo noi due, e ci raccontiamo della vita e dei sogni che facciamo e lei è ancora in vestaglia e finisce di lavare i piatti della sera prima e io mi sento uno schifo perché non l'aiuto, ma non ho tempo, proprio non ne ho, e prima di uscire di casa mi dà un bacio sulla guancia e mi chiede oggi torni a casa? E mi vengono in mente quei film americani dove la moglie lo chiede al marito, quasi una supplica, ma quella di mamma non è una supplica, solo una semplice domanda e mi verrebbe da risponderle che sì, a casa ci tornerò sempre, anche solo per passare altre mille mattine buie d'inverno a spalmare burro e marmellata sul pane mentre lei si fa il caffé e lava i piatti ed è in vestaglia e parliamo della vita e dei sogni che facciamo e siamo solo noi due, quasi al mondo non ci fosse nessun altro.

C.

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