Anche se vuoi cambiare, e lo desideri con tutte le tue forze, la metamorfosi non sarà mai completa. Non succederà mai.
Ecco cosa mi ha portato a questa conclusione: era una domenica pomeriggio, e una vecchia amica era venuta a trovarmi. Non ci vedevamo dai tempi delle elementari, o poco più. Era così... bizzarro. Rivederci dopo tutti questi anni, e trovarci completamente diverse. Cioè, sempre le stesse, sempre le due vecchie amiche che stavano in classe insieme e giocavano a casa dell'una o dell'altra. Quelle che preparavano il tè freddo d'estate e il caramello nel pentolino in inverno; che per Natale costruivano casette di marzapane e si divertivano a giocare con le barbie e inventare coreografie che facevano vedere alle madri. Quelle che quando litigavano si sarebbero tirate i capelli a vicenda; quelle che si facevano i dispetti ma poi tornavano amiche come prima, e sapevano di volersi bene senza dirselo.
E insomma, quando ci siamo riviste lei tremava tutta. Ha baciato e abbracciato i miei fratelli e i miei genitori. Aveva l'ombretto azzurro che risaltava sulla pelle scura. Era più bassa - eppure io mi ricordavo così piccola in confronto a lei! Era la più alta della classe, e io la più minuscola -, un po' più in carne. Non era più la ragazzina indiana magra come un chiodo, con le dita nodose e sempre col raffreddore. Eppure, era sempre la stessa. Io rivedevo quella di sempre.
Fumava e le tremavano le mani - mio padre dice che è per via degli psicofarmaci -, aveva il piercing all'ombelico. Mi parlava come se non fossimo mai cresciute; come se quegli anni che lei era stata lontana si fossero cristallizzati, e avessero ripreso a scorrere con il suo ritorno, con il nostro incontro.
Così cambiata, vi dico! Così cambiata che, se ci ripenso, non me la ricordo. Mi viene in mente l'undicenne di una volta, non la diciottenne che è ora.
Ebbene, è la stessa cosa per me. Io ce la metto tutta, sapete, ce la metto tutta. Voglio rinascere, stravolgermi. Ed è quello che sta accadendo; con l'inizio del liceo, vuoi che studio a Milano e a Milano, quasi, ci vivo; vuoi che ho conosciuto un mucchio di gente nuova e così simile a me, con cui mi ci ritrovo; vuoi che sono cresciuta, eccome se sono cresciuta. Sì, sono un'altra. Ne sono felice, ma la cosa un po' mi spaventa.
Anche solo a rileggere la roba che scrivevo qui quando ero quattordicenne (come se fosse passato così tanto tempo...) mi viene un po' da sorridere e un po' da vergognarmi. Dio, quanto ero differente!
Quindi, dicevo, per quanto uno si sforzi, pur cambiando, non muterà i ricordi che altri hanno di sé. Si costruisce un nuovo personaggio, magari; una nuova storia. Con la gente appena conosciuta, okay, avrai l'illusione di aver messo le fondamenta per la formazione di una nuova te stessa.
Quando ritorni tra gli altri, ecco, lì torni anche quella di prima - non ai tuoi occhi, ma ai loro. Quella che ti hanno conosciuta prima. Quanto mi dà sui nervi, questa storia del prima. Eppure, con quelli del prima, ad essere la nuova me non ci riesco. E' come se cercassi di fuggire, cominciassi a correre, e loro m'inseguissero e mi agguantassero per la manica, facendomi rallentare. Come se tornassi un passo indietro o anche più, perdessi la nuova fiducia, la nuova audacia, il nuovo spirito. Un passo indietro vuol dire allungare quelli dopo, ed è tutta una strada piena di buche e discese e salite.
Ecco cosa voglio fare: un giorno prendo e me ne vado. Me ne vado sul serio, però; niente fughe metaforiche, per la sottoscritta. Un bel biglietto dell'aereo, del treno, del traghetto, non m'importa. Me ne andrei in Irlanda a Dublino, a camminare tra le scogliere, l'oceano e le distese verdi e sconfinate; me ne andrei a vedere quell'America che tanto ci fanno sognare; me ne andrei a Londra, amata Londra, e ci passeggerei la notte fino a vedere il sole spuntare; me ne andrei in Olanda, in Giappone, in Canada. Me ne andrei a Berlino e Amsterdam, a Mosca, chissene frega! Il mondo non mi fa paura, non più. C'è spazio per tutti.
Mi aprirei un chiosco sulla spiaggia, una libreria, una bancarella di libri antichi, una caffetteria; alleverei coccodrilli, canguri, che ne so; farei la spesa al mercato, mi comprerei un piccolo appartamento da condividere con un micio. Mi spaccherei la schiena, dimostrerei quanto valgo, quando posso essere solida; imparerei a vivere nel mondo. Poi tornerei qui, in questa schifo di città, tornerei qui da quelli che non se ne saranno andati e avrei un'altra faccia, proprio; avrei la faccia di un'adulta con i controcoglioni, e sorriderei con un sorriso grande così e direi ho fatto fortuna, ho fatto esperienza, ho osato e ora eccomi qui. Guarderei loro che il coraggio per andarsene non l'avrebbero mai avuto, né il desiderio di puntare abbastanza in alto.
Forse, ma proprio forse, solo allora avrò compiuto la mia metamorfosi. Nessuno vedrà più quell'esserino minuscolo e fragile, coi capelli spettinati e i gusti strani. Non ci sarà più la secchioncella sfigatella di una volta, quella che si faceva mettere i piedi in testa ed era così ingenua e troppo buona, quella così diversa, nossignora, ci sarà una donna tutta d'un pezzo, e nessuno riuscirà più a buttarla giù.
Nessun commento:
Posta un commento